Titolo: La Scuola Cattolica
Regia: Stefano Mordini
Lingua: Italiano
Durata: 106'
Il massacro del Circeo del 1975 scosse per sempre la società italiana. L’Italia degli anni ’70 stava già affrontando cambiamenti sociali e politici, molte cose stavano venendo riformate in quella fragile società. Il massacro del Circeo riuscì a cambiare la legge italiana sullo stupro, ma a quale costo? La Scuola Cattolica di Mordini cerca di raccontare la storia di questo crimine, ma da un punto di vista inatteso e, in un certo senso, non giustificato. Il film fa un’analisi dell’alta società in cui i tre responsabili Gianni Guido (interpretato da Francesco Cavallo), Angelo Izzo (Luca Vergoni) e Andrea Ghira (Giulio Pranno) vivevano, ma invece di condannare questa classe sociale, sembra che il regista voglia giustificare le loro azioni.
La storia viene raccontata in VoiceOver da Edoardo Albinati (Emanuele Maria Di Stefano), per mantenere il collegamento con l’omonimo libro del 2016 scritto dallo stesso Albinati, da cui il film prende ispirazione. Per la buona prima metà del film, la narrazione ci porta nelle famiglie di molti dei ragazzi che frequentavano la stessa scuola cattolica maschile dei trasgressori, ma focalizzandosi su troppi personaggi che in realtà non ebbero niente a che fare con il massacro. Ci viene mostrato come questi ragazzi pensassero che il mondo fosse di loro proprietà solo perché i loro genitori potevano tirarli fuori dai guai pagando. Veniamo portati in un viaggio attraverso la loro società fondata sulla mascolinità tossica, circondata dal finto cattolicesimo che caratterizzava la maggior parte di queste famiglie: il patriarcato nella sua massima espressione. Capiamo che queste famiglie ricche hanno iscritto i loro figli a questa scuola cattolica per proteggerli dalle atrocità del mondo, senza rendersi conto che erano proprio i loro figli a commetterle.
Nella seconda metà film, ci dimentichiamo quasi completamente della maggior parte dei personaggi introdotti finora, per concentrarci finalmente sui tre oppressori e sulle due vittime. Queste ultime, Donatella Colasanti (Benedetta Porcaroli) e Rosaria Lopez (Federica Torchetti) vengono a malapena caratterizzare, e mentre dovrebbero essere il fulcro del film, sono abbastanza abbandonate a sé stesse, senza che gli venga data tutta questa importanza, come se l’intero film non le riguardasse in prima persona. Inoltre, il film è diviso in capitoli che saltano avanti e indietro nel tempo nei mesi e nelle ore che precedettero il massacro: quindi, mentre cerchiamo di dare un senso a tutti questi ragazzi e personaggi, ci viene anche chiesto di fare dei conti matematici.
Lo scopo del film sembrerebbe quello di spiegare la società in cui vivevano questi ragazzi, ma ciò che fa realmente è creare una giustificazione per le loro azioni, quasi una scusa. È come se stesse cercando di dirci che le loro vite da ricchi non gli avessero insegnato la differenza tra giusto e sbagliato, che hanno avuto infanzie e famiglie “difficili” alle spalle, e quindi dovremmo almeno capire come si sentivano. La realtà è che, uno dei ragazzi che non commise il massacro, ebbe addirittura una perdita difficile in famiglia, eppure non stuprò due ragazze, uccidendone una, quindi, cosa sta realmente cercando di dirci il film? Le intenzioni non diventano chiare nemmeno quando, alla fine del film, su sfondo nero, ci viene detto che il massacro del Circeo ha cambiato la legge italiana sullo stupro, seguito dalle storie dei tre delinquenti: dopo essere stati condannati tutti e tre all’ergastolo, Andrea Ghira non venne mai catturato, e non passò nemmeno un giorno in galera per i suoi crimini; la condanna di Gianni Guido venne ridotta a trent’anni, ma riuscì a scappare prima dal carcere e, dopo essere stato catturato di nuovo, la sua pena venne scontata grazie a un indulto nel 2009; da ultimo, la condanna di Angelo Izzo venne ridotta e, dopo essere uscito dal carcere in semilibertà, uccise altre due donne nel 2005.
Il regista sembra evitare di schierarsi sulla condizione di questi ragazzi, quando, in un film come questo, non schierarsi con le vittime equivale a stare dalla parte degli oppressori. Sorge spontanea una domanda: cosa penserebbero Donatella e Rosaria se vedessero questo film?
Kommentare