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Clara Pazzaglia

Sapore

Sapevi di futuro. E di possibilità.

Sapevi di posti nuovi, notti fuori, un po’ casa fuori da casa ma non troppo lontano.

Avevi il sapore di dove volevo stare se ci fosse un temporale, al sicuro tra le braccia di qualcuno che mi aveva riconosciuta prima ancora di avermi conosciuta.

Sapevi di mani che si cercano, si trovano, giocano, si incastrano.

Sapevi di voglia di andare al mare, anzi portarti al mare.

Sapevi di serate sotto la pioggia improvvisa.

Sapevi della mia Milano di notte, con la Madonnina che brilla e se ne fotte se c’è la Ray Ban che cerca di rubarle la scena. Insomma, come dire che sei la mia città, fuori dal centro, come dire che nei tuoi occhi io ci guardavo le luci della città.

Sapevi di canzoni nuove, ballarle in casa, cantare i ritornelli e cantarseli forte e poi sussurrarseli in un bacio. Però sapevi anche della disco anni 80, ballata sempre e ballata male, tanto noi non li abbiamo conosciuti.

Sapevi anche un po’ di passeggiate al parco, con il sole, anche d’inverno, col freddo che ci taglia le guance. Sapevi di visite al museo, mano nella mano, a scivolare per i corridoi senza paura di innamorarsi della visione di qualcun altro, che poi forse eri un po’ tu, quel qualcun altro.

Sapevi di potenziale, energia potenziale dispersa nell’ambiente. Che poi io la sufficienza in fisica non ce l’ho mai avuta, però tu sembravi avercelo un senso.

Tu avevi proprio il sapore della mancanza di qualcosa che non c’è mai stato.

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