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Clara Pazzaglia

Nascita, perdita e rimozione nell’ultimo film di Almodóvar, Madres Paralelas

Titolo: Madres Paralelas

Regia: Pedro Almodóvar
Lingua: Spagnolo
Durata: 123'
 

Avete mai pensato a cosa si provi ad essere una madre? Io non pensavo nemmeno di doverci pensare, finché non ho visto l’ultimo film di Almodóvar, Madres Paralelas, che ha debuttato quest’anno alla 78esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Potrebbe sembrare che non sia una grande storia, ma mi ha davvero lasciato con molto su cui riflettere. Se dovessi descriverlo con una sola parola, sarebbe “concettuale.”

È la storia di Janis (Penélope Cruz) e Ana (Milena Smit), compagne di stanza nel reparto maternità all’ospedale e che diventano mamme lo stesso giorno. Mentre Janis è una fotografa di 40 anni decisa a voler crescere la sua bambina sola, Ana è un’adolescente bloccata in una gravidanza accidentale che non sa bene perché abbia scelto di tenere la bambina. Janis incoraggia e supporta Ana nel reparto, mentre la mamma di Ana, Teresa (Aitana Sánchez-Gijón) ci fa domandare perché sia diventata madre interamente (cosa che verrà chiarita poi più avanti nel film). Ciò che le due neo-mamme non realizzano è che le loro bimbe verranno scambiate mentre sono sotto osservazione, e questo creerà tra loro un legame ancora più forte e strano.

Il titolo del film sembra riferirsi solamente a Janis e Ana, ma la realtà è che ci sono molte altre mamme all’interno del film che devono essere considerate. C’è Teresa, la madre di Ana, che non sembra molto adatta al ruolo, così che Ana è costretta ad imparare come essere madre da sola, ma anche appoggiandosi a Janis, che la accoglierà nella sua casa e poi anche nel suo letto (una svolta che non ho molto capito, se devo essere onesta). Accanto a loro, ci sono la madre e la nonna di Janis ad incombere per tutto il film, e con loro le altre donne del suo pueblo. Infatti, il papà della bimba di Janis è Arturo (Israel Iglesias), un antropologo a cui lei chiede di aiutarla a far riaprire la fossa comune in cui il suo bisnonno è seppellito con svariati altri uomini del pueblo che sono stati uccisi dai Falangisti durante i primi anni del regime Franchista. È così che tutte queste figure materne tornano e ritornano e ci accompagnano per tutto il film. È davvero un racconto dei diversi stati e modi dell’essere madre. Un racconto di nascita, ma anche di perdita e rimozione.

Emblematica per quanto riguarda l’idea di rimozione nella storia è l’ultima scena del film. Le donne del pueblo arrivano al luogo dove si trova la fossa e guardano il team di antropologi che mostra loro la massa di scheletri adagiata esattamente dove sapevano che l’avrebbero trovata. E mentre la camera passa sopra le ossa, inizia a passare sopra dei corpi in carne, vestiti, che sembra che siano stati lasciati lì a dormire. Un’immagine molto potente che passa così in fretta che non ci si rende nemmeno conto della sua reale forza e significato in quel momento.

Per il resto, la cinematografia è quello che ci si aspetterebbe da Almodóvar: il Direttore della Fotografia José Luis Alcaine utilizza movimenti di camera caldi e classici che seguono perfettamente il flusso del regista, e i colori saltano fuori dalle perfette case tipicamente borghesi. Tuttavia, ci sono molta narrazione e significato nascosti nelle riprese e nelle sfumature di colore, che vengono esaltati anche dalla perfetta colonna sonora di Alberto Iglesias, che diventa a tratti così cupa da sembrare parte di un thriller.

Ho visto molti descrivere questo film come noioso, ma non riesco ad essere d’accordo. Credo che forse la storia non sembri delle più originali, e non è così piena di colpi di scena come si vorrebbe. Ma entriamo in sintonia con i personaggi, ci riusciamo ad immedesimare in loro, riusciamo a capirli anche quando prendono le decisioni con cui siamo più in disaccordo. Sono uscita dalla sala con un senso di normalità, come se avessi appena visto la storia più normale e comune che avrei mai potuto vedere, ma nei giorni successici alla visione non riuscivo a smettere di pensare ai temi del film. E più pensavo a Madres Paralelas, più riesumavo strati di significato. E personalmente credo che questa sia la cosa più importante che un film possa fare.

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