Titolo: El otro Tom
Regia: Rodrigo Plá, Laura Santullo
Lingua: Inglese, Spagnolo
Durata: 111'
Quanto ne sappiamo sui medicinali per l’ADHD? Quanti di questi servono davvero, per i bambini specialmente, e quanti vengono prescritti solo per fare soldi per l’industria farmaceutica? Come cambia le cose tra madre e figlio una diagnosi di ADHD in una famiglia già complicata? C’è davvero altro da fare? Queste sono le domande che El otro Tom vuole farci porre.
Elena (Julia Chávez) fa più di un lavoro per poter supportare lei e suo figlio Tom (Israel Rodríguez), il cui comportamento attivo ma anche aggressivo viene diagnosticato come disturbo da deficit d’attenzione e iperattività (ADHD). A Tom vengono prescritti dei medicinali per aiutarlo, ma gli effetti indesiderati cominciano ad accumularsi e gli vengono prescritte sempre più medicine per risolverne alcuni: praticamente diventa uno zombie. Dopo un incidente che fa seriamente preoccupare Elena, e che la dottoressa del pronto soccorso suggerisce potrebbe essere stato causato dai medicinali, decide di smettere di far prendere a Tom le medicine. Ma gli adulti che la circondano (il medico di Tom e le sue insegnanti) avvisano i servizi sociali della sua “negligenza,” e per quanto Elena provi a cooperare, decide che è lei che sa cosa sia davvero meglio per il figlio.
Il film si regge praticamente sulla caratterizzazione dei due personaggi principali. Elena diventa la nostra protagonista centrale. Le sta provando tutte per tenere la sua vita insieme, e non possiamo davvero aspettarci che sappia tutto quanto sulle medicine che vengono prescritte al figlio, è ovvio che si fidi del medico. Sembra assurdo quanti tipi di medicinali vengano dati a Tom, gli effetti collaterali si accumulano e gli vengono date altre medicine per ridurli. Davvero iniziamo a chiederci se la dottoressa sia lì per aiutare il suo paziente o per far fare soldi all’industria farmaceutica. Elena sta davvero cercando di far combaciare tutto, ma la vita tende a mettersi in mezzo e continua a non rispettare le promesse precedentemente fatte al figlio. Dall’altra parte, Tom è un bambino qualunque, il che lo rende un personaggio molto reale. Vorrebbe solo passare più tempo con sua madre (e suo padre che vive in Messico), ed è molto difficile per lui capire le difficoltà che Elena deve affrontare per poterlo tenere con sé. Ci viene spezzato il cuore in quella che è probabilmente la scena centrale del film: dopo aver smesso di prendere le medicine ed aver ripreso alcuni dei suoi comportamenti più difficili da gestire, Tom dà voce alla sua paura che agli altri piaccia di più l’altro Tom, quel Tom che era praticamente narcotizzato dalle medicine.
Il film ha però anche dei problemi. È vero che cerca di portare l’attenzione su temi quali l’ADHD, la quantità di medicinali prescritti a chi viene diagnosticata, e la povertà che la famiglia di Elena e Tom sta affrontando. Ma non passa abbastanza tempo su nessuna di queste tematiche e cerca di far passare la loro tesi a tutti i costi: l’industria farmaceutica è il male, e i nostri protagonisti sono sue vittime. In realtà, anche Elena ha le sue colpe: se la prende con Tom, non prova nemmeno a capirlo, prende decisioni da arrabbiata, e, mentre pensa di star facendo tutto il possibile per dare il meglio a suo figlio, non capisce che Tom vorrebbe solo passare del tempo con lei. Questi aspetti vengono messi da parte, tenendo sullo sfondo anche la diagnosi di ADHD, e il film perde così un po’ della sua forza. La durata di quasi due ore non aiuta, dato che il ritmo è abbastanza lento e ci lascia abbastanza tempo per distrarci.
Purtroppo, sembra che lo scopo dei due registi fosse quello di farci vedere entrambi i lati della medaglia, ma quello che ci arriva è che l’industria farmaceutica è il male assoluto e vuole fregarci, e lascia fuori il contesto in cui si svolge il film. È un buon film per portare attenzione ai temi trattati, ma piuttosto che iniziare una conversazione al riguardo, sembra porle fine.
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