Titolo: Ultima Notte a Soho (Last Night in Soho)
Regia: Edgar Wright
Lingua: Inglese
Durata: 118’
“Se aveste la possibilità di tornare indietro nel tempo, lo fareste? […] Ultima Notte a Soho (Last Night in Soho) è un racconto ammonitore rivolto ai sognatori come me che vogliono riavvolgere il tempo e tornare a un’epoca nella quale, paradossalmente, in effetti non hanno mai vissuto. La domanda, quindi, dovrebbe essere: se aveste la possibilità tornare indietro nel tempo, davvero lo fareste?,” dice il regista Edgar Wright parlando di questo film. E la domanda funziona veramente, dato che mentre si guarda questo thriller psicologico ci si chiede davvero se vorremmo realmente vivere nella Londra degli anni ’60.
Il film segue due storie parallele. Innanzitutto, quella di Ellie (Thomasin McKenzie), un’aspirante stilista in difficoltà con la sua salute mentale e l’essere fuori casa per la prima volta, trasferendosi dalla campagna della Cornovaglia al centro di Londra. La sua storia non è troppo originale: è vittima di bullismo da parte dei suoi compagni di corso e di studentato, così decide di trasferirsi nell’appartamento all’ultimo piano della casa della Signora Collins (Diana Rigg). Ellie ha una forte connessione con la sua defunta madre, e condivide con lei la sua passione per gli gli anni ’60. È qui che ha inizio la seconda storia parallela: Ellie comincia a sognare Sandie (Anya Taylor-Joy), un’aspirante cantate nella Soho dell 1966. All’inizio, vediamo Sandie come l’alter ego di Ellie, ma Ellie diventa dipendente da lei e poi inizia a separasene quando le cose si fanno pericolose. Infatti, Sandie conosce Jack (Matt Smith), il manager di tutte le ragazze come lei. Pensa che sarà lui a farla diventare famosa, ma in realtà Jack è un protettore che la costringe a passare la notte con diversi uomini, promettendole una carriera che non ha mai avuto intenzione di darle. La salute mentale di Ellie comincia a calare ancora di più quando inizia a vedere Sandie perdersi in questa situazione, apparentemente senza fare niente per cambiarla, vi è intrappolata ed Ellie resta intrappolata nel personaggio di Sandie.
La trama del film nn è nemmeno tanto originale, e anche il plot twist finale potrebbe venire predetto da molti nel pubblico. Tuttavia, ciò che risalta davvero nel film è la direzione della fotografia. Lo scopo del film era di dipingere la mondanità della Londra degli anni ’60, specialmente nel quartiere di Soho, dove succedeva tutta la magia. I costumi e le scenografie catturano esattamente la scena in cui si svolge il film. Ciò che traspare è anche l’atmosfera predatoria del tempo, specialmente concentrata attorno al personaggio di Sandie. I cambi tra Ellie e Sandie avvengono con lisci movimenti di camera e trucchi di stile. Quando Ellie diventa Sandie per la prima volta, scende una scalinata come Sandie, ma possiamo vedere Ellie negli specchi lungo la parete. La creazione di spazio ambiguo attraverso gli specchi è ricorrente nel film, specialmente quando si vogliono vedere i due personaggi nella stessa scena ma essere certi di poter percepire le loro differenze. In un’altra scena, in cui le due ragazze ballano con Jack, i due personaggi si scambiano di posto attraverso movimenti di camera impercettibili, che gli spettatori potrebbero stare ore a guardare.
Anche se la trama non è così originale come può sembrare a primo impatto, Ultima Notte a Soho mantiene il pubblico incollato al film attraverso i sui plot twist perfettamente collocati e la meravigliosa cinematografia. Tuttavia, ciò che credo che manchi al film è un’analisi più profonda della malattia di Ellie, dato che sembra che le sue visioni derivino soltanto dal luogo in cui vive e non dalla sua salute mentale danneggiata dalla perdita della madre ad una giovane età. In ogni caso, non è un film da perdersi al cinema, dove si può avere un’esperienza completa della fotografia e degli effetti speciali che non avrebbero una resa altrettanto stupefacente se visti su schermi più piccoli.
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